San Pellegrino, milleundici anni di storia

Era il 1004 quando, secondo la leggenda, un pellegrino accompagnato da un giovincello, proveniente dalla Provenza e diretto a Montecassino, chiese invano rifugio dalle intemperie agli abitanti del paese.
L’eccezionale maltempo causò una alluvione, causando la morte del pellegrino.
Gli abitanti, dopo un sogno rivelatore, ne cercarono i resti e trovarono il suo bastone miracolosamente fiorito. Un funerale, con tutti gli onori venne allestito e da allora (sec. XII) il paese cambiò nome e si cominciò a ricordare ogni anno (la sera del 30 aprile) questo avvenimento.

Così San Pellegrino, ininterrottamente da 1011 anni a questa parte, la sera di ogni 30 aprile celebra la sua bellissima festa che può annoverarsi tra le più antiche d’Europa. Festa che ha il suo culmine quando viene issato, al centro della piazza del paese, un tronco di pioppo derivante dall’unione di due alberi precedentemente abbattuti, ripuliti e scortecciati. Un’operazione molto complessa, se si pensa che per alzare un tronco di circa trenta metri vengono usate solamente scale di legno e corde.

In Umbria altri paesi annoverano una manifestazione di questo tipo, come Ancarano, Castel Giorgio ed Isola Fossara, ma la più importante è sicuramente quella di San Pellegrino.

LA SIMBOLOGIA DELL’ALBERO

«La simbologia dell’albero è molto ricca di significato ed è diffusa in tutte le civiltà.
L’uomo dà all’albero la simbologia di mettersi in comunicazione con i tre livelli del cosmo: quello sotterraneo, sommerso, attraverso le radici; terrestre col tronco e i rami più bassi; celeste, con i rami più alti e la sua cima.
Ed è infatti universalmente considerato come il simbolo delle relazioni tra terra e cielo, tra terreno e divino. Simbolo della vita in perpetua evoluzione, per la sua straordinaria capacità rigenerativa, l’albero rappresenta pienamente il simbolismo del carattere ciclico dell’evoluzione: nascita, morte e rigenerazione, per innumerevoli volte, di stagione in stagione. In quanto simbolo di vita, l’albero è stato assimilato alla forza materna creatrice, ma è anche forte simbolo fallico.

Il culto degli alberi ha sempre rappresentato una parte importante nelle culture, religioni e nella spiritualità di tutto il mondo; da oriente a occidente e dal sud al nord del mondo.
Va anche considerato che l’albero ha sempre svolto un ruolo fondamentale tra gli uomini, anche di vera e propria sopravvivenza, in quanto fonte di cibo, calore, materiali per costruzione, per il vestiario e per il nutrimento degli animali.
Il bosco sacro era uno dei luoghi di culto delle antiche religioni.
Il paradiso terrestre era considerato nella simbologia biblica un giardino ricco di piante.
Questo concetto sarà presente in tutte le civiltà e religioni del Mediterraneo.» (G. Tardio)
Nello specifico la tradizione di issare un palo, composto in questo caso da due tronchi di pioppo, ha origini antichissime, trovandosene testimonianze nell’antica Roma.
Infatti in quei tempi si svolgeva la Floralia, dedicata alla Dea Flora, che celebrava il risveglio della vita con la primavera ed aveva il suo culmine agli inizi del mese di maggio. Altri riferimenti analoghi si trovano nella tradizione celtica. In Irlanda, sempre tra il 30 aprile ed il 1 maggio, si celebra una festa chiamata Beltaine, dedicata al dio Bel, all’amore ed al sesso.
Non a caso, il fatto di issare un palo e di conficcarlo in una buca richiama in maniera marcata l’atto sessuale.

Nel rito pagano il pioppo assumeva anche un altro significato: infatti, data la sua altezza, veniva scelto in quanto poteva, almeno idealmente, avvicinare gli uomini agli dei.
La chiesa, ovviamente, cercò di ostacolare e reprimere questi riti, anche se poi, con il passare del tempo, la parte religiosa e la parte pagana si fusero e in questo modo la tradizione è arrivata ai giorni nostri.

Il rito pagano delle “calenne di maggio” era, in origine, propiziatorio della fertilità.
Questa peculiarità del cosiddetto “Palo di Maggio” si è tramandata, fino ad oggi e la festa di San Pellegrino ne è forse l’esempio più lampante in tutto il panorama nazionale.
Qui la tradizione si è mantenuta pure durante i periodi di guerra e non si è mai interrotta dal 1004 ad oggi.

I MAGGIAIOLI

Ma chi erano gli abitanti che ogni anno ripetevano questo rito?
Di sicuro non tutti i paesani, ma soltanto alcuni, i più forti, quelli che vengono chiamati i “maggiaioli”.
Il significato dell’essere maggiaiolo e, più in generale, la figura del maggiaiolo è stata riscoperta nel secolo scorso.

Nel 1960 fu costituita l’unione dei maggiaioli, che servì a disciplinare maggiormente questo aspetto della festa. Tra i vari provvedimenti, inoltre, fu pure rispolverato il cosiddetto “abito villico”, ovvero gli indumenti indossati dai maggiaioli durante tutto il cerimoniale, dal taglio pioppo al suo innalzamento. L’abito consiste in una tunica di iuta, corta e senza maniche.

Un altro passo importante fu compiuto nel 1991, quando venne costituita l’Associazione Maggiaioli San Pellegrino.
La figura caratteristica è quella del Capomaggio, nominato dagli stessi Maggiaioli.
Egli è il responsabile della scelta del pioppo: è lui che decide qual è il tronco giusto da tagliare, è lui che guida tutte le operazioni: taglio, trasporto tramite lo “sterzetto” e alzata.
Una componente fondamentale, che ha fatto sì che questa festa continui a tramandarsi mantenendo la propria tipicità è sicuramente l’attaccamento e la partecipazione degli abitanti di questa frazione di Gualdo Tadino.

IL LEGAME TRA IL POPOLO E LA FESTA

Nonostante la popolazione non sia particolarmente numerosa, la tradizione del «Maggio» si è sempre mantenuta. Racchiude un senso di appartenenza che non ha nulla da invidiare a feste ben più famose e più seguite, numericamente parlando.
Vecchi, giovani, emigrati che ritornano: tutti si sentono parte di questo evento.
La comunità è molto unita, e la festa serve proprio a far sì che i legami tra le persone diventino sempre più stretti e forti. Si instaurano dei processi di socializzazione tra i vari componenti che sono parte integrante della festa ed ognuno a suo modo è fondamentale.
L’aver tramandato questa tradizione ininterrottamente per oltre mille anni è motivo di grande orgoglio per San Pellegrino e anche per tutta la comunità gualdese.

Leonardo Bossi per madeingualdo.it (ha collaborato Chiara Giombini)

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Redazione Gualdo News
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