Il 26 maggio sarà la data di svolta della vicenda della Jp Industries. Quel giorno, infatti, la Corte di Cassazione si pronuncerà sul ricorso presentato dagli istituti di credito contro la cessione della Antonio Merloni all’imprenditore Giovanni Porcarelli. I timori dei 700 lavoratori è che anche il terzo grado di giudizio sia sfavorevole all’azienda marchigiana, considerato che le due precedenti sentenze avevano dato ragione alle banche, annullando quindi la vendita.
I sindacati Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil di Perugia hanno perciò voluto accendere i fari sulla vicenda tenendo una conferenza stampa per sensibilizzare le istituzioni e l’intera comunità regionale su una situazione che rischia di compromettere definitivamente il già fragile tessuto economico della Fascia appenninica. I sindacati hanno anche messo in evidenza che il 31 dicembre 2015 scadrà la cassa integrazione straordinaria e che la stessa non sarà prorogata in mancanza di una ripresa dell’attività produttiva della Jp.
“Siamo arrivati davvero a un punto di non ritorno – hanno detto i rappresentanti dei sindacati confederali – ma quello che sentiamo intorno a noi è un silenzio assordante su una vertenza che per dimensioni è tra le più importanti dell’Italia centrale”.
Da agosto 2014 non si è più riunito il tavolo generale con tutte le parti coinvolte (impresa, banche, sindacati, regioni e governo). Per i sindacati l’obiettivo è quello di “disinnescare una possibile sentenza negativa” e consentire così la ripresa dell’attività. “Da informazioni in nostro possesso ci sarebbe un accordo in dirittura d’arrivo che consentirebbe una soluzione condivisa dalle parti al fine di poter riprendere la produzione anche in Umbria e rimettere al lavoro, come era nei patti, 700 persone tra Umbria e Marche”, hanno aggiunto Pierotti, Pampanelli e Brizi
I sindacati a questo punto chiamano in causa il governo nazionale, in particolare la presidenza del consiglio: “Serve una regia forte che fino ad oggi in questa vertenza è chiaramente mancata”.
Oltre alla vicenda della Jp Industries va infatti rimesso al centro dell’attenzione l’accordo di programma per la ex Merloni, il “salvagente” da 35 milioni di euro stipulato nel 2010 che teoricamente avrebbe dovuto rilanciare e reindustrializzare la Fascia appenninica. Teoricamente, appunto, perchè di fatto non è mai partito. “Ci erano state date rassicurazioni dal governo sul fatto che finalmente l’accordo sarebbe stato rimodulato e reso veramente esigibile – hanno osservato ancora gli esponenti di Fim, Fiom e Uilm – ma la conferenza Stato-Regioni che avrebbe dovuto dare il via libera definitivo entro febbraio in realtà non ha ancora affrontato la questione. Un fatto gravissimo – hanno concluso Pierotti, Pampanelli e Brizi – considerando la crisi pesantissima che investe il territorio interessato”.