Seconda retrocessione consecutiva. E adesso ridateci il Gualdo!

In un grigio pomeriggio di maggio è arrivata, amarissima, la seconda retrocessione consecutiva per il Gualdo Casacastalda. Nel giro di due anni questa squadra si è ritrovata dal lottare per un posto al sole in serie D in Promozione, campionato che il Gualdo aveva conosciuto solo una volta nella sua storia degli ultimi 50 anni, quando nel 2006 ripartì dopo che Marco Moroni non iscrisse la squadra nell’allora serie C2.

Una conclusione per certi versi inevitabile, visto l’andamento degli ultimi due campionati che possono tranquillamente sovrapporsi per le difficoltà che in corso d’opera hanno costretto a smantellamenti e ridimensionamenti di carattere tecnico a metà stagione. Della squadra partita in estate, già non propriamente una corazzata ma che aveva tutte le carte in regola per disputare un campionato tranquillo, sono stati tagliati quei giocatori che sulla carta avrebbero dovuto apportare quel tasso tecnico e di esperienza indispensabile anche in un campionato mediocre come l’attuale Eccellenza.

Contro la Subasio è arrivata l’ennesima sconfitta stagionale, stavolta la più pesante, che ha cancellato le speranze del Gualdo Casacastalda di mantenere almeno la massima categoria regionale.

Nulla da imputare ovviamente ai ragazzi, per la maggior parte gualdesi, che si sono spezzati in quattro per cercare di salvare il salvabile. Per loro soltanto applausi, per l’energia che hanno messo in ogni partita, per averci creduto fino all’ultimo secondo. Come va applaudito Roberto Balducci che, chiamato prima come direttore tecnico del settore giovanile e poi dirottato sulla poltrona di direttore generale, si è ritrovato alla fine in panchina per sostituire “obtorto collo” quel Guido Vicarelli (anche per lui solo ringraziamenti per la signorilità con cui ha affrontato situazioni che sono cambiate radicalmente in corso d’opera) da lui fortemente voluto la scorsa estate alla guida della squadra.

Ora bisogna raccogliere i cocci e ripartire. Sì, ma come?
Anzitutto restituendo alla città la sua squadra.

La fusione è ormai morta e sepolta: avrebbe dovuto ridare lustro al calcio gualdese quando venne annunciata appena quattro anni fa. Si è conclusa con una doppia retrocessione che quello stesso calcio gualdese non ha mai conosciuto nella sua storia quasi centenaria. Ci auguriamo veramente che la dirigenza consideri conclusa questa esperienza e immediatamente riconsegni la squadra a una città che, nonostante tutto, ha ancora fame di calcio e che si è sempre mostrata rispettosa verso chi si impegna per esso, come dimostrato dai tifosi gualdesi che in oltre cento si sono recati anche a Rivotorto a ingoiare l’ennesima delusione di questi ultimi dieci anni, trascorsi senza quasi mai contestare niente e nessuno, se non dopo l’esonero di Balducci nel 2012 e blandamente lo scorso anno a Gubbio. Ma è una passione che si sta sempre più affievolendo. Senza più dei colori a cui aggrapparsi, senza un nome, senza una identità, con risultati deludentissimi, è già un miracolo che la fiammella sia rimasta ancora accesa.

Quella tra Gualdo e Casacastalda è stata una “fusione fredda” che mai era stata pienamente accettata in città, anche se gli obiettivi ambiziosi annunciati nel 2013 e le notevoli difficoltà in cui si dibatteva il Gualdo Calcio avevano portato in maniera quasi obbligata all’unione delle forze.
Le fusioni hanno un senso solo ed esclusivamente se sono vincenti. Visto che questa si è invece rilevata fallimentare sotto il profilo dei risultati sportivi, deve concludersi. Subito. Senza ulteriori indugi.

Questo non vuol dire rinunciare a quei dirigenti di Casacastalda (anch’essi hanno perso la loro squadra, non dimentichiamolo) che si sono dati da fare come pochi altri per la causa. Sono uomini importanti che andrebbero convinti a restare per contribuire al rilancio.

Ma per ripartire sono necessarie delle certezze.

La prima è la società. Chi intende proseguire? Chi no? Chi vorrebbe entrare? Senza una società che programmi e che sappia intessere rapporti con la città, non si va da nessuna parte. Neanche in Promozione. Parallelamente è indispensabile riprendersi il nome e i colori storici, per una ovvia questione di appartenenza che solo chi non capisce nulla di calcio e di sport non ne comprende l’importanza.

La seconda è costruire una autonomia finanziaria della società. E’ possibile, non è una chimera, e la società, a quello che si sa, starebbe iniziando a lavorarci.

La terza è “blindare” Roberto Balducci e Marco Campese, due risorse da cui il calcio gualdese non può prescindere. La nascita della scuola calcio, l’entusiasmo e le iniziative extra calcistiche che hanno saputo costruire intorno ad essa, la dedizione alla causa dimostrata in questo anno, in mezzo a mille difficoltà, mettendoci sempre la faccia, ha superato ampiamente la soglia del più grande senso di responsabilità che si richiede a dei collaboratori, alla pari di quella mostrata dall’ex dg Giuseppe Ascani.

La quarta, legata alla prima, è costruire un ambiente positivo, affidando i ruoli in base alle competenze e alle capacità, facendo del “Carlo Angelo Luzi” la “casa” del nuovo Gualdo, che parta dai Primi Calci per arrivare alla prima squadra. Lo stadio deve diventare il luogo della rinascita, non un semplice ma costosissimo (a livello di gestione) contenitore domenicale che per la Promozione è ampiamente sovradimensionato, provando a ridare entusiasmo (compito imprescindibile per chi gestisce una società sportiva) a tutto l’ambiente cittadino.

Solo così, vista la situazione attuale, il calcio gualdese può ripartire. E ogni giorno in più senza mettere mano a queste urgenze è un giorno perso.

(Roberto Casaglia)

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Redazione Gualdo News
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