Dieci anni di crisi che hanno devastato l’economia della Fascia Appenninica, fino agli inizi del terzo millennio una delle zone più ricche dell’Umbria. I numeri, impietosi, sono stati snocciolati nel corso di una conferenza stampa appositamente convocata dalla Cgil Alta Umbria ala presenza del segretario provinciale Filippo Ciavaglia e di Mario Bravi, presidente dell’Istituto di ricerche economiche e sociali dello stesso sindacato.
L’analisi che è stata condotta riguarda i dieci anni della crisi, focalizzando l’attenzione sui due Sistemi Locali del Lavoro (SLL) di Gubbio e di Gualdo Tadino, che ad oggi presentano ancora i dati più negativi dell’Umbria.
“Attualmente non si vedono quei segnali di svolta di cui si parla a livello regionale e nazionale – è stato detto – Ci sono diverse realtà produttive che nel corso dei mesi del 2017 hanno chiuso l’attività (Ilpea a Scheggia) o rischiano forti ridimensionamenti (Tagina a Gualdo Tadino). Così come nel territorio eugubino ci sono aziende che hanno sia delocalizzato che ridimensionato gli organici.”
Ovviamente la chiusura della ex Merloni è quella che, con oltre 700 addetti, ha più di tutte ha segnato il territorio, a cui si sono accompagnate le crisi legate all’industria delle costruzioni e della ceramica che hanno avuto effetti negativi sull’intero apparato produttivo locale. Ciò ha determinato una situazione sociale pesante dal punto di vista occupazionale e sociale anche con una perdita di reddito di circa 10 milioni di euro. Il tasso di spopolamento regionale si aggira intorno all’1%, nell’Alto Chiascio fa registrare il 4,9%. Tra il 2011 e il 2016 tutti i comuni hanno diminuito il numero di abitanti con Gualdo Tadino tristemente in vetta in questa speciale classifica, avendo perso ben 400 unità e rischiando di andare a breve sotto i 15mila abitanti, con tutte le conseguenze poco positive che ciò comporterebbe.
I numeri della disoccupazione rendono l’idea. Gualdo Tadino è la realtà che più di tutte ha peggiorato la propria condizione. Nel 2006 registrava un tasso, bassissimo, del 5,1%. Oggi quella percentuale è raddoppiata, passando al 10,3%. Non va di certo meglio a Gubbio che dal 6% è arrivata al 10,6%. Ma questi numeri sono molto probabilmente poco veritieri, ha spiegato Mario Bravi, poichè sono molte le persone che non cercano più lavoro e non si sono registrate ai centri dell’impiego.
Per la Cgil è necessaria un’azione nei confronti della Regione Umbria e del Governo per efficientare e rendere esigibili gli strumenti e le risorse previste, dalle aree interne ai fondi comunitari, calibrandole sulla realtà della Fascia. Vanno trovate le soluzioni per le vertenze in atto ad iniziare dalla ex Merloni e dalla JP Industries, con un ruolo più attivo delle rappresentanze delle imprese. L’invito alle amministrazioni comunali è stato quello di lavorare insieme per attrarre nuove attività del manifatturiero e sostenere la filiera turismo e cultura.