Il Comune di Gualdo Tadino dovrà risarcire un cittadino che ha avuto un incidente con un motorino, riportando lesioni personali, a seguito di un impatto contro una rete di plastica posta a recinzione di un cantiere stradale aperto su commissione del Comune.
I fatti risalgono al 1999 e, dopo 19 anni, il cittadino si è visto dare ragione dalla Corte di Cassazione lo scorso marzo con una sentenza che sta facendo scuola, essendo riportata da diversi siti specializzati.
Il cittadino chiese la condanna dell’ente al risarcimento del danno. Il Comune negò di essere “custode” dell’area di cantiere, in quanto affidata all’appaltatore. Chiamò comunque in causa l’assicuratore per la responsabilità civile, al fine di essere garantito in caso di accoglimento della domanda di risarcimento. L’assicurazione, a sua volta, citò la ditta appaltatrice dei lavori, indicandola come responsabile dell’accaduto.
La sezione di Gubbio del Tribunale di Perugia il 29 dicembre 2011 dichiarò improcedibile la domanda nei confronti della società appaltatrice, a causa del suo fallimento, non accogliendo la richiesta di risarcimento. Il cittadino fece ricorso contro questa sentenza, ma la Corte d’Appello di Perugia il 30 luglio 2015 confermò la decisione di primo grado.
Il cittadino non si diede per vinto e presentò ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte di Appello aveva erroneamente escluso la presunzione di colpa del Comune, in qualità di custode dell’area, data la presenza di un contratto d’appalto. A suo avviso l’ente, in quanto proprietario della strada, avrebbe comunque dovuto rispondere dei danni.
La Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 18325/2018, ha accolto i motivi del ricorso rilevando che “la stipula, da parte dell’amministrazione comunale, di un contratto di appalto avente ad oggetto l’esecuzione di lavori sulla pubblica via, non priva l’amministrazione committente della qualità di custode, ai sensi dell’art. 2051 c.c., sino a quando l’area di cantiere non sia stata completamente enucleata e delimitata, e sia stato vietato su di essa il traffico veicolare e pedonale, con conseguente affidamento all’esclusiva custodia dell’appaltatore. La realizzazione di un cantiere stradale su parte di una strada che continui, nella parte non occupata, ad essere aperta al pubblico transito, non priva l’ente proprietario della qualità di “custode” della porzione di strada rimasta percorribile.”
LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE