Un weekend all’insegna di tutti i colori della primavera quello che si preannuncia a Gualdo Tadino, grazie alle nuove due mostre che saranno ospitate rispettivamente alla Rocca Flea, con l’antologica dedicata al maestro Antonio Romani e a Villa Cajani, con il progetto “Canovacci”, della pittrice Ada Nori, a cura del Polo Museale città di Gualdo Tadino, con il patrocinio del Comune. Da venerdì 5 aprile infatti, alle collezioni in permanenza degli spazi museali, ogni weekend sarà possibile visitare la personale di Ada Nori, mentre presso la Rocca Flea, sabato 6 aprile alle ore 16.00, sarà inaugurato il progetto antologico del maestro Romani. Non ci resta che scoprire le biografie di entrambi gli artisti, molto diversi tra loro per stile, ma uniti dal comune amore per l’arte di figura.
Antonio Romani è nato a Roma dove è vissuto fino a quando, nel 1991, si è trasferito in Umbria. Artista dal talento naturale, dopo l’Istituto d’arte ha frequentato la “Scuola Libera di Nudo” e il corso di “Bianco e Nero”, perfezionandosi successivamente in Decorazione Pittorica e Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Le sue esperienze artistiche passano attraverso varie forme espressive: dal realismo al cubo-futurismo, dall’astrattismo alla metafisica, fino ad approdare negli anni ottanta a una figurazione classica con suggestivi richiami all’arte rinascimentale. Convinto sostenitore della tradizione pittorica italiana, l’artista ne reinterpreta i canoni stilistici nel contesto di una moderna continuità. Spirito poliedrico, oltre alla pittura, alla musica, alla poesia e alla filosofia, coltiva vari interessi che spaziano dallo studio delle antiche civiltà alla ricerca filologica ed etimologica sulla letteratura biblica e la storia del Vicino Oriente. Ha scritto vari trattati e pubblicato articoli su questi argomenti, suscitando molto interesse; si è inoltre dedicato, come ricercatore indipendente, allo studio degli antichi umbri ricostruendone in chiave leggendaria la civiltà protostorica. Ha redatto il Manifesto Artistico di Controinformazione nel 1974, il Manifesto Arte-Vita a Todi nel 1985 e il Manifesto Arte-Uomo-Natura a Roma nel 1987, ispirando e promuovendo la nascita di correnti sia nel contesto delle arti figurative, sia nell’ambito della cultura contemporanea. Noti critici e colleghi pittori lo hanno elogiato per la qualità delle sue opere: G. Dottori; L. Scrivo; S. Monachesi; T. Bonavita; G. Pecoraro; L. Ruotolo; M.L. Ghinassi; G. Zavarella. Lo stesso Monachesi, per ammirazione e stima, nel 1984, lo ha definito: “ il gigante della figurazione classica di quest’ultimo quarto di secolo, nella continuità della tradizione pittorica italiana”. Ha esposto in numerose collettive nazionali e internazionali e in personali, riscuotendo ampi consensi e riconoscimenti dalle più alte autorità dello Stato, quali i Presidente Pertini e l’On. Andreotti.
Ada Nori nasce e vive a Milano. Dal 2010 si dedica intensamente allo studio e alla sperimentazione artistica e, nel 2014, si diploma in pittura alla Scuola Superiore d’Arte applicata del Castello Sforzesco di Milano. Il soggetto più congeniale ad esprimere la poetica dell’artista è la figura umana, per l’enorme carica espressiva ed emotiva a essa connaturata. Una figura umana spesso declinata al femminile, che diventa il tramite privilegiato per indagare su se stessa, sul genere femminile e più in generale sulla condizione umana. Le sue sono figure enigmatiche, rivelatrici di inquietudine ma anche di forza; ognuna assorta nella propria situazione emotiva, ma tutte accomunate dalla volontà di andare oltre i propri limiti per afferrare quel qualcosa che si percepisce ma che resta comunque insondabile.
A sostenere iconografie e contenuti è la costruzione compositiva segnata da campiture di colore e cornici geometriche che attingono a una tavolozza di blu, grigi, ocra e bruni, con qualche intermezzo cromatico acceso. Nelle opere più recenti, la composizione figurativa vira sempre più verso l’astrazione, attraverso la compenetrazione e la dissolvenza della figura nel contesto in cui si colloca. Tra i segni distintivi il tratto a matita, la sgocciolatura di colore e l’accorgimento del “non finito”, che conferisce alle opere un’apertura di respiro e suggerisce il senso di una ricerca artistica in divenire.