Riceviamo e pubblichiamo una lettera a firma di Ester Pascolini. I lettori possono inviarci i propri scritti all’indirizzo redazione@gualdonews.it. La decisione sulla pubblicazione spetta unicamente alla redazione.
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Ammettiamolo! Essere un teenager a Gualdo Tadino non è facile. O meglio, non lo è mai stato. L’offerta culturale rivolta ai giovani della nostra città è sempre stata piuttosto povera. La noia ha sempre imperato. La fuga verso le città vicine spesso ha rappresentato la salvezza.
Il venerdì, il sabato, durante le festività, cosa si fa a Gualdo Tadino? Si va in piazza. O meglio, si va al bar. Masse di giovani vestiti in maniera indistinguibile si accalcano davanti agli ingressi dei bar. A fare cosa? Più o meno nulla! Chiacchierano, spesso sentono freddo – la tramontana è una delle poche certezze in questa città – e soprattutto bevono. Maggiorenni e minorenni bevono in tutta tranquillità, senza che nessuno, ma proprio nessuno, si prenda la briga di dare un’occhiata a quello che succede fuori e dentro i vicoli del centro. Figuriamoci di intervenire in qualche modo. E non sono sufficienti, ahimè, le minacce di qualche babbo infuriato che dopo la sbornia del proprio pargolo va e promette botte a chi somministra bevande alcoliche ai minorenni. Tanto qui bere è normale. Qui è la prassi.
In questa città – e di questi tempi non è un caso isolato – si cresce con il culto del bere. Da trent’anni ormai è il passatempo più diffuso dei giovani e meno giovani. La curiosità nei confronti dell’alcol è “normale” in età adolescenziale, ma il fenomeno oggi è molto radicato e andrebbe fatta, quantomeno, un’analisi un po’ meno superficiale. Purtroppo a Gualdo Tadino il culto del bere ce l’hanno anche i quarantenni. A Gualdo Tadino se il sabato sera non ti ubriachi non sei nessuno.
Il fenomeno è ricorrente, ovvero una/due volte a settimana. Gli abitanti del centro lo segnalano, si lamentano, chiedono di intervenire perché i vicoli sono indecenti e oltre all’alcol gira anche molta droga. Ma nessuno muove un dito, siamo incapaci di stabilire regole (che del resto neanche noi vogliamo rispettare), e soprattutto siamo incapaci di fornire modelli diversi. Anche quelli come me che ci provano, dialogando e ragionando con i propri ragazzi, trovano un muro, perché il fenomeno è talmente diffuso e accettato che nel confronto con i pari, poi diventa complicato per i giovani prendere le distanze da certe abitudini.
E hai voglia tu a dire che spassarsela sotto effetto dell’alcol è una sconfitta di per sé. Che è un’ammissione al mondo dell’incapacità di sapersi divertire per davvero, di sapersi lasciar andare quando uno è nel pieno delle proprie facoltà. Che ridere, ballare e scherzare da sobri vale tre volte tanto. Che se ci si bacia senza aver bevuto, domani non sarà possibile dimenticarlo. Che bere è una scorciatoia per trovare il coraggio di relazionarsi con gli altri senza la paura di non piacere o di non essere accettati.Il punto non sono i ragazzi, siamo noi adulti. E la nostra responsabilità educativa. Possibile che non siamo in grado di offrire qualcosa di meglio ai nostri figli? Sia a livello di sfera intima familiare, sia a livello di offerta culturale pubblica. Come al solito qui entra in gioco la politica, ma l’appello forte a chi ci governa deve partire dal basso, dai cittadini, dall’opinione pubblica, un processo bottom-up che possa stimolare anche il coinvolgimento dalle associazioni che già operano sul territorio – lasciatemi citare due begli esempi come Educare alla Vita Buona e Clip Up Your Mind – e il coinvolgimento del mondo dello Sport.
Prima di tutto chiedendo di mettere in campo tutte le azioni e i controlli necessari e chiedendo di stabilire regole e applicare le sanzioni previste per chi somministra alcol in maniera scorretta. A costo di mettere un presidio di forze dell’ordine in piazza il venerdì e il sabato. Faccio appello all’Assessore alle Politiche Sociali e Giovanili, Barbara Bucari, affinché questo tema rappresenti per lei e per l’Amministrazione una priorità. E dato che è anche Assessore alla Cultura, spero davvero riesca a pensare un’offerta culturale stimolante per i nostri ragazzi, magari coinvolgendoli direttamente nella creazione di percorsi e nell’organizzazione di eventi. Si potrebbe pensare a un bel contest promosso dal Comune sul tema dell’arte e dell’artigianato, con la possibilità di effettuare attività in gruppo o individuali. Questi figli domani saranno cittadini attivi in questa città, è nostro dovere scansare il vuoto di pensiero e la mancanza di senso critico che spesso si celano dietro a queste problematiche. E il vuoto va riempito con risposte, soluzioni e proposte tagliate su misura per i ragazzi. Affinché possano diventare adulti consapevoli e concorrere a rendere migliore questa città.”
Ester Pascolini