Si apre giovedì 18 luglio, con vernissage alle ore 17.30 la mostra “Sui miei appunti” di Barbara Amadori alla Chiesa di Santa Maria Nuova a Gubbio, in Via Nelli. L’evento è promosso dalla Associazione Culturale La Medusa, con il Patrocinio del Comune di Gubbio ed è curato da Martina Coletti.
“Sui miei appunti” apre una panoramica sulla poetica di Barbara Amadori, artista gualdese la cui esperienza evolve dal medium pittorico, che non abbandona mai del tutto, approdando a composizioni che chiamano in causa altri linguaggi espressivi: fotografia, scultura, installazione site specific – le parole della curatrice Martina Coletti – la mostra prende in considerazione una serie di lavori eseguiti tra il 2014 e il 2019 e raccolti sulla base di una comune matrice: a partire da un un’indagine che mette in relazione suono, scrittura e immagine, Barbara Amadori rievoca in queste opere ricordi significativi, momenti e pensieri che vale la pena di appuntare. Le opere nascono dunque come momento finale di un processo che è prima di tutto un esercizio mentale e in seconda battuta condensazione di pensiero in installazioni fotografiche o opere plastiche che si propongono allo spettatore con un carattere fortemente evocativo. La memoria che emerge nelle composizioni di Amadori è frutto dell’elaborazione di alcuni episodi consapevolmente e profondamente vissuti anche attraverso i sensi. È una memoria intrisa di sensazioni, quindi anche della testimonianza del corpo dell’artista, amplificato in tutte le sue capacità di percepire l’esterno, l’altro da sé. Ne risultano evocazioni in cui non solo il lato visivo ma anche quello acustico e, di conseguenza, quello tattile e quello olfattivo concorrono a proporne distillati significativi: questi sono gli appunti che Barbara Amadori riporta attraverso le sue opere, composizioni che ci ricordano la componente sinestetica dell’esperienza e che ad essa chiedono di fare affidamento per capirne fino in fondo il messaggio. In questo senso si possono leggere i libri di argilla posati a terra: Pagine di terra è una serie di manufatti che reinterpretano antichi manoscritti conservati in biblioteche e archivi storici. Richiamano fortemente l’aspetto tattile della carta e dichiarano la simbologia dell’oggetto attraverso la carica materica dell’argilla. Perché per l’arista la parola libro non basta a significare questi oggetti silenziosi, portatori imperturbabili di memoria.
La serie Composizioni scaturisce da una ricerca che si muove tra sfera visiva e sonora e che affonda le radici in un precedente esercizio di rievocazione di frammenti sonori rintracciati nel testo Diario di una scrittrice di Virginia Woolf. Da qui il lavoro si è ampliato in una raccolta di quelli che l’artista chiama appunti acustici, brevi scritti che nelle opere innescano una relazione con l’immagine e ci proiettano nel ricordo. In quella piazza, una volta, si ballava è un frammento di racconto della nonna di Barbara Amadori, una frase che riecheggia tra i sampietrini della fotografia in una composizione che funziona per sineddoche di un’immagine più complessa e ampia che si fa strada nella mente di chi guarda l’opera. Similmente nella Composizione n. 3 ad essere rievocato dalla frase scritta e dalla terra nera del vulcano, è il suono di una escursione nei Monti Sartorius sull’Etna.” La mostra sarà aperta al pubblico giovedì e venerdì (dalle ore 15 alle 18.30) e sabato e domenica )10.30-13.00 e 15.00-18.30) fino al 28 luglio. Per informazioni: info@museogubbio.it
L’ARTISTA – Barbara Amadori è nata a Gualdo Tadino (PG), dove vive e lavora. Si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Urbino, ha partecipato a mostre, workshop e residenze. Nel 2019 ha partecipato alla residenza Fare arte della scuola di Palazzo Te con l’artista Stefano Arienti e viene selezionata al Rospigliosi Art Prize con Pareti opera pittorica esposta alla mostra collettiva Visibile Invisibile a cura di Tiziano M. Todi a Palazzo Rospigliosi, Zagarolo (Rm). Nel 2018 è stata invitata alla Notte Bianca dell’arte nel quartiere Lunetta di Mantova, a cura di Simona Gavioli e Giulia Giliberti e alla mostra collettiva Un manicomio di carte, a cura di Roberto Vecchiarelli, Antonella Micaletti e Settimo Perlini, Biblioteca Oliveriana, Pesaro (PU). Nel 2017 ha seguito il workshop Walkingfrom scores condotto dalla ricercatrice Elena Biserna all’interno della rassegna Ascolti verticali a Bologna. Nel 2016 è stata selezionata per la mostra collettiva del Premio Francesco Fabbri, a cura di Carlo Sala, Villa Brandolini, Pieve di Soligo (TV) e ha partecipato al workshop-residenza Manufatto insitu 9, organizzato dall’associazione Viaindustriae in collaborazione con la Fonoteca Regionale Oreste Trotta, il Centro di Ateneo per i Musei Scientifici dell’Università degli Studi di Perugia e il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali di Perugia.
Nel 2014 ha realizzato un’opera site-specific esposta nella mostra collettiva Nuove Identità, a cura di Ludovico Pratesi, Palazzo Ducale, Urbino (PU).
