L’ombra del Grifone: il “libero comune” di Gualdo nel medioevo.

La difficile scelta di Raniero

Siamo abituati a pensare a un buon periodo della nostra storia italiana come quel tempo caratterizzato dai “liberi comuni”. Entità uniche, e certamente non solo compagini demografiche; alle dinamiche antropologiche e ai primi nuclei di quelli che sarebbero stati i nostri paesi, i nostri borghi e le nostre città, si andavano a sommare legami e vicende politiche che legavano intere famiglie e realtà geografiche. E Gualdo, di certo, non faceva eccezione.

Per quanto riguarda il concetto di “libero comune”, ovvero di soggetto politico autonomo, o pressapoco svincolato da legami evidentemente troppo soffocanti, la nostra Gualdo viene a trovarsi, nei primi anni del 1200, in una situazione alquanto particolare che la mette in condizione di doversi adoperare in una scelta davvero triste e difficile.

Sappiamo che le ingerenze dei signori confinanti, in particolare i discendenti dei conti di Nocera e il celeberrimo Bulgarello dei Bulgarelli di Fossato, erano alquanto pesanti, e non lasciavano in pace i nostri concittadini d’un tempo, costringendoli, a un certo momento, a dover chiedere protezione alla più forte Perugia; una decisione che avrebbe caratterizzato la nostra storia negli anni a venire. Ma certo, ieri come oggi, tutto aveva un prezzo, e questa eventualità non sarebbe di certo stata gratuita.

Gualdo allora non sorgeva laddove troviamo oggi il nostro centro storico, insisteva piuttosto all’inizio della stretta vallata che sale verso “Santo Marzio”, (volgarmente detta Valdigorgo) e dobbiamo dire, per dover di cronaca, che vi si era in verità trasferita da pochi anni, sempre in cerca di un maggior controllo sui possibili attacchi nemici.

È proprio questa impossibilità nel potersi difendere autonomamente, dettata probabilmente dalla scarsità d’uomini che tanto faceva penare le città dell’epoca, che porta il Consiglio Cittadino a prendere la decisione di sottomettersi spontaneamente alla città di Perugia.

Particolare della Perugia di Benedetto Bonfigli.

Perché, potremmo chiederci, tanta importanza per un momento che può essere considerato, se non nero, quantomeno grigio?

A ben vedere, i documenti del tempo, ci forniscono, proprio grazie a quell’episodio, il pretesto per parlare e per avere contezza di quel che era la nostra Gualdo nel 1200, nei primi anni del 1200, per l’esattezza. Siamo abituati a vedere iscritta, sulla parete del nostro municipio, la lista dei nostri sindaci; il primo nome che compare, da tradizione, è quello di Pietro di Alessandro, definito “Sindicus” nelle fonti, che ebbe il merito di riedificare la città sul colle Sant’Angelo assieme all’abate di San Benedetto Fanio, o Epifanio. Ma Pietro, in quel 1208, se già era nato, di per certo era ancora in fasce.

Scopriamo allora che un organismo di governo, di Consulto Cittadino, c’era però da tempo; non abbiamo la certezza della data di istituzione della magistratura comunale, ma sappiamo che quegli uomini, immaginiamo più in vista e abbienti del resto della popolazione gualdese, si riunivano periodicamente per decidere sulle questioni più disparate riguardanti la città.

È così che nel luglio del 1208 il Consiglio si riunisce; immaginiamo gli uomini chini su tavole di legno, fermi, sospiranti e afflitti da un grosso dilemma: gli si profila una scelta difficile. Qualcuno si preme sugli occhi, nell’intento di pensare. Altri si grattano il capo o si lisciano la barba, nel tipico movimento che pare conciliare la concentrazione. Non c’è niente da fare: si vota, e per guadagnare più protezione, si decide di porgere la spada, “dal lato dell’elsa”, alla città del Grifone. Sicurezza o libertà, un grattacapo che fa discutere ancora oggi.

Gli uomini del Consiglio partono così alla volta di Perugia e vi giungono il 25 luglio del 1208. È qui che la storiografia ricorda il “capo” di quella compagnia di gualdesi, che viene definito “Consul” nei documenti, “console”, con compiti, evidentemente, non troppo dissimili dal futuro “Sindicus”; è Raniero Alberti, una figura appartenente rimasta nell’ombra.

Il 25 luglio del 1208 Raniero, assieme ad altri rappresentanti gualdesi, Raniero Bernardi, Boncompagno Serrani, Rambaldo, Simone Palavaci, Orzane Strovelli, Strano Rainaldo Alexandri, Savere Ioculatore, Giovanni Altule, Dontesalvi Girguinum, Piero Aliocti e Pigolotto Simoni, si presenta nella Piazza Maggiore di Perugia, l’odierna Piazza IV Novembre. Siamo laddove oggi si erge la Cattedrale di San Lorenzo, ma il magnifico edificio ancora non esiste, e nemmeno la celeberrima Fontana Maggiore di frà Bevignate da Cingoli. Al posto della cattedrale c’è già una chiesa, ma occupa solamente una parte dell’odierno transetto, proprio sopra le vestigia romane ed etrusche. Lì, anticamente, c’era il tempio della dea Uni, patrona della città, e i suoi resti affiorano dalla terra in una mescolanza fisica di popoli, quasi come fosse un manifesto del tempo che scorre.

Resti delle fondazioni della cattedrale del XIII secolo, Perugia.

Ed è proprio davanti agli occhi dei magistrati perugini, e della stuola di notai lì accorsi per siglare ufficialmente il patto d’asservimemto, che Gualdo cede parte della sua autonomia.

L’atto viene quindi firmato dai notai Bono e Bernardo; la “carta” contiene tutti gli impegni che le due città si prendono vicendevolmente. Anche Perugia, infatti, si obbligava, in cambio del versamento di dazi e tasse, a rispettare determinate incombenze; avrebbe ristrutturato la Rocca Flea, inviato gli agognati soldati, e versato una somma di denaro come indennizzo qualora non avesse prestato fede ai patti. Da notare che nel “contratto”, perché di questo si tratta, i gualdesi chiedono di potersi astenere nel caso in cui Perugia fosse entrata in guerra con gli amici eugubini. È notevole inoltre considerare che Gualdo, quindi già da alcuni anni in quell’inizio di 1200, fosse considerato un “libero comune”, e cosa importante è ricordare, in tal senso, quel console Raniero, sul quale riportiamo l’attenzione, che immaginiamo avesse preso, assieme ai rappresentanti della città, quella tanto tribolata decisione solo per il bene comune. È una figura che passa in secondo piano nel ricordo popolare, Raniero: egli infatti non ha, nelle fonti, il magnetismo “eroico” del successivo Pietro di Alessandro, e non solamente perché, a differenza del secondo, non ebbe maniera e modo di cimentarsi in una leggendaria ricostruzione. Raniero, che noi oggi, assieme ai suoi concittadini del tempo, vogliamo ricordare, ebbe il grande merito di prendere le decisioni dure e complesse, ascrivibili ad una grande figura politica. Se è infatti vero che il clamore d’una riedificazione dal nulla, come sarebbe avvenuto da lì a qualche anno, non poteva non essere ricordata negli anni, è sacrosanto tributare il giusto riconoscimento anche a colui che, in tempi oscuri, si fece carico di un’incombenza difficile e di per certo non rallegrante. Oggi, questa figura piegata dagli eventi e costretta ad accollarsi il peso che le circostanze gli imposero, sarebbe meritevole di un’ulteriore attenzione, e lo definiremmo, in un contesto narrativo contemporaneo, quasi un “anteriore”, benché abbia avuto il coraggio di proteggere il villaggio da una totale sottomissione alle altre compagini politiche vicine. E le decisioni difficili, oggi come ieri, spesso non elevano chi le ha prese sull’altare della gloria, ma senza Raniero, ad oggi, pur tenendo fede al motto che recita l’impossibilità di fare storia con “i se e con i ma”, avremmo rischiato di non avere più una Gualdo in cui vivere.

La città addossata alle pareti pietrose sarebbe poi bruciata, per essere riedificata, nel 1237, dov’è ancora oggi. La leggenda vuole che l’incendio venisse appiccato da una strega a noi più che nota, definita “Bastola”, ma verosimilmente venne distrutta, così come accadde a molti villaggi dell’epoca, per le fiamme vive che, non badate a dovere, attaccarono i tetti di paglia (il villaggio era infatti quasi completamente in legno e la stagione, lo sappiamo dagli studi storico-meteorologici incrociati coi dati antropologici, aveva concesso anni di siccità).

Di seguito, per dover di cronaca e per curiosità, riporto il documento sottoscritto dai magistrati gualdesi e da quelli perugini sulla Piazza Maggiore, in quel lontano 25 luglio del 1208, in lingua latina medievale.

“In dei nomine amen, anno ab incarnatione eius M.CC. Optavo, indictione XI, mense lulii, die VII exeunte, Innocentio papa tertio presidente, imperio imperatore vacante. Ego quidem Rainerius Alberti consul comunis Gualdi pro predicta comunitate insimul cum Rainerio Bernardi, Bonocompagno Serrani, Rambaldo, Simone Palavaci, Orzone Strovelli, Strano Rainaldo Alexandri, Savere loculatore, lohanne Altule, Dontesalvi Girguinum, Pero Aliocti, et Pigolocto Simonis. Nos omnes supranominati per nos et per omnes homines comunis Gualdi et per nostros et eorum homines, damus vobis consulibus perusinis silecit Girardo Oislerij, Rainaldo, Bonicomiti, Munaldo, Gilio, Ugoni, Blandideo, Beneveniati, Rainerio, Bonaccusso, Villano, Perusio, Crispolito, Gualfredutio et lacobo ac Andree camerario comunis Perusij, pro comunitate perusina recipientibus, arcem Flee ad habendam tenendamque imperpetuum, et damus et concedimus, submictimus et subponibus vobis pro comuni perusino nos et totam terram nostram ubicunque eam habemus vel habituri erimus et homines et familias ad coltam et albergora et ostem et parlamentum sicut habetis aliim vestrum comitatum, ad habendum medietatem bannorum et folliarum et decimorum et de omnibus causis que erunt ante consules nostre terre, vel nostros bailitores; et non erimus in dicto vel facto seu consilio quod vos dictam arcem admictatis, inmo prò nostro posse omni tempore vos iuvabimus et vestros successores eam manutenere; que omnia nos omnes supradicti, silicei Rainerius Consul comunis Gualdi pro ipsa comunitate ac per meos successores et nos omnes ali cum eo, per nos et omnes homines de comunitate Gualdi tenere et observare imperpetuum et non contravenire in aliquo tempore aliquo ingenio sub pena trecentarum marcharum argenti purissimi et quod nullum ius nullamque actionem, dationem seu alienatione in inde alteri fecimus vobis consulibus perusinis prenominatis, nomine comunis Perusii recipientibus, promictimus et obligamus, data pena, omnia predicta sint firma. Et insuper, tactis sacrosanctis evangeliis, ita observare iuramus. Et nos consules perusini Girardus, Rainaldus, Bonuscomes, Munaldus, Egidius, Ugo, Blandeus, Benevenias, Rainerius, Bonusaccorsus, Villanus, Perusius et Crispolitus, Gualfredutius, lacobuset Andreas camerarius, recipimus vos Gualdenses pro comuni Perusi in nostram custodiam, et promictimus vobis manutenere vos et defendere bona vestra ubicunque sunt bona fide sine fraude, cum illis hominibus de comuni Gualdi qui sunt de parte Eugubinensium, qui fuerunt vobiscum quando Eugubini vos nuper obsiderunt in arce de Flea, et cum eorum bonis et in eo loco in quo habitatis nunc, salvo Eugubinensibus si bene se habebunt nobiscum, et ea que homines de parte eorum eis debent tacere exceptamus ostem et parlamentum, et conservabimus vobis comunantiam et consulatum sicuti olim habere consuevistis. Ita tamen quod consul vel consules, pro ut pro tempore erunt, teneantur turare precepta consulis vel consulum perusinorum, et si quando volueritis vos removere de predicto loco et esse in alio, relocabimus vos cum consilio comunis Perusie et in eo loco in quo nobis placuerit ad utilitatem comunis Perusie et hominum Gualdi in nostra portione, et defendemus et manutenebimus vos ibidem ut superius dictum est, et quidquid fecistis actenus cum comitibus non coemus vos inde. Item faciemus iurare homines quos ponemus in custodia arcis, quod teneantur salvare et defendere Gualdum et eorum res; preterea promictimus manutenere arcem Flee pro comunantia Perusii, nulli dare seu concedere in totum vel in partem, et, si alicui eam aliquando voluerimus dare vel concedere, comunantie Gualdi dabimus sine aliquo pretio; et de guerra Bulgarelli dabimus vobis adiutorium et consilium, salvo quod si voluerit esse ad nostrum preceptum possimus eum recipere; de facto tamen Castiglionis vobis nullum contrarium faciemus et tenebimus vos in bonum statum et bonam consuetudinem, sicuti tenemus aliquod castrum nostri comitatus, quod in meliorem tenemus. Et hec omnia promictimus observare per nos et nostros successores ac per nostram comunantiam tibi Rainerio consuli Gualdi et vobis aliis Gualdensibus, qui iuravistis recipientibus pro vobis et pro comunantia Qualdi supra nominata. Et in constituto faciemus apponi, cum renovabitur, quod nostri successores ita observabunt et annualiter in constituto apponent. Et ita nos omnes predicti consules et camerarius iuramus observare, tactis sicrosanctis evangeliis, salvo in hiis omnibus honere et precepto domini pape et domini senatoris alme urbis Romane. Actun in platea comunis Perusij publice in contiene. Prenominatus Ranerius consul et prenominati Gualdenses, pro se et pro omnibus hominibus comunis Gualdi, et prenominati consules Perusini pro comuni perusi hoc instrumentum ut superius legitur scribere rogaverunt. Singnum manus Pieri Pieri, Rustici Rainaldi, Glutti Munaldi, Saraceni Viveni, Guidutii Rainaldi, Mancini Grassi, Rainerii Baruncij, Ugolini Montanari], Peruntij Symeonis Curialis, Munaldi Ouastaferri, Rainutij Petrutij, domini Latini Herri et domini Benveniatis Becarij Benedictoli, Supolini Ugolini, Rainutii Bertraimi, Ugolini Maseli, Thomassi Tignosi, Peri Tudini et Divitiani inter alios de contiene testium electorum. Ego Bonus notarius rogatus subscripsi et complevi. Et ego Bernardus imperialis aule notarius nec plus nec ininus addilli, subscripsi, et autenticavi”.

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Matteo Bebi
Laureando alla facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università degli studi Perugia, pur lavorando spesso come traduttore di lingua francese, di cui è madrelingua. È cresciuto infatti in Belgio, al seguito del padre impiegato presso la NATO, dove è nato l’interesse per la storia tra castelli e profili nordeuropei. Ha studiato presso la Scuola Militare Teuliè di Milano frequentando il Liceo Scientifico Europeo in culture classiche. Iscrittosi poi all'Università degli Studi di Perugia Nel 2018 ha pubblicato il romanzo storico "Poi si fece buio", nel 2019 il racconto con postfazione storiografica "La leggenda dell'Arco" e "Un rumore lontano" e nel 2020 "Di luce e d'ombra", con un'ampia sezione saggistica di storia locale. La partecipazione al Festival del Medioevo di Gubbio lo ha portato vicino al mondo delle case editrici, così da poter dare il via a diverse collaborazioni attraverso le quali realizza testi di ricerca storica saggistica su alcune città del centro Italia e il mondo dei libri lo ha inserito nell'ambito dei concorsi letterari, per i quali è stato nominato giudice di commissione.