Si sono svolte in questi due giorni, 16 e 17 ottobre, le due giornate dedicate a Monsignor Roberto Calai, munifico benefattore di Gualdo Tadino, tanto da meritarsi il titolo di “padre dei poveri e angelo tutelare della città”, così come ci ha ricordato, in rappresentanza della famiglia, il suo discendente Giovanni Fé Calai nel convegno tenutosi stamattina presso il teatro Don Bosco, simbolo anch’esso della sua attività benefica, sempre proiettata a migliorare la vita dei suoi concittadini.
L’evento, presieduto dal professor Antonio Pieretti, ha visto avvicendarsi, dopo l’apertura del sindaco Massimiliano Presciutti e del presidente dell’associazione “Educare alla Vita Buona” Umberto Balloni, le introduzioni storiche, e sociologiche, del professor Mario Tosti e del professor Giancarlo Pellegrini, che hanno accompagnato l’uditorio descrivendo l’ambito nel quale si dovette inserire la figura del Monsignor Calai; la Chiesa e la “traversata del deserto” negli anni a cavallo tra la Rivoluzione Francese e l’Unità d’Italia, la crisi della famiglia in seguito alla veloce industrializzazione, il rifiuto del concetto di “trono – altare”, nel generale quadro sociale che si succedette all’emanazione dell’enciclica Rerum Novarum il 15 maggio del 1891, da parte di Papa Leone XIII.
“Nel tutelare le ragioni dei privati, si deve avere un riguardo speciale ai deboli e ai poveri. Il ceto dei ricchi, forte per sé stesso, abbisogna meno della pubblica difesa; le misere plebi, che mancano di sostegno proprio, hanno speciale necessità di trovarlo nel patrocinio dello Stato. Perciò agli operai, che sono nel numero dei deboli e dei bisognosi, lo Stato deve di preferenza rivolgere le cure e le provvidenze sue” (Rerum Novarum, 29). Una concezione completamente nuova per quegli anni, una linea d’azione che non si discosta dall’operato del Monsignor Calai. La secolarizzazione divenne però anche il punto d’incontro tra cattolici e nuove istituzioni; si è così parlato di scuola, di istruzione, di giovani generazioni, verso le quali il benefattore gualdese tanto si spese. L’intervento del direttore dell’Istituto Salesiano “Agnelli” di Torino, Don Claudio Belfiore, ci ha riportato alla mente l’incessante lavoro per portare l’istituto a Gualdo, sfida che Monsignor Calai vinse dopo uno scambio epistolare durato anni, che culminò con la donazione della sua villetta che si stagliava nella zona denominata “Colle del Pincio”, e finalmente la nascita dell’istituto Salesiano Gualdese. Solo uno degli innumerevoli doni alla città, che noi tutti ben conosciamo.
La chiusura di Giovanni Fé Calai, oltre a ricordare le altre opere benefiche e la storia della famiglia, tra le quali spicca l’indimenticabile ospedale, ci ha regalato uno spaccato più intimo dell’uomo che fu, con l’esposizione di alcune lettere videoproiettate, il racconto di Calai in quanto profondamente radicato alle esigenze e alla realtà contingente del suo tempo – e quindi ai bisogni del prossimo – che nottetempo usciva per aiutare i gualdesi di nascosto, così da non farli sentire a disagio. E poi i suoi ultimi anni, contraddistinti dalla non più perfetta condizione fisica, fino all’abbraccio della città intera il giorno della sua dipartita.
L’umanità, per sua intrinseca caratteristica antropologica, oltre la religione, ha bisogno, oggi più che mai, di saggezza, speranza e attenzione verso il prossimo, senza le quali una comunità rimane vuota, le sue esigenze disattese, il suo futuro vuoto. Abbiamo bisogno proprio del passato, non solo per ricordare i grandi uomini, bensì per costruire il nostro futuro.