“C’è un libro sempre aperto per tutti gli occhi: la natura” diceva Rousseau, ma sembra quasi di essere giunti ad una pagina nera e sporca di questo libro.
La pandemia ci ha fatto riscoprire gli angoli più vicini a casa; scorci splendidi, quelli che le nostre montagne e le nostre campagne hanno da offrirci, luoghi immersi nella natura e da poco anche citati da testate internazionali, come il tedesco Der Spiegel.
Eppure, nella riscoperta di questa nostra natura vicina, sembra essersi accentuato il deprecabile fenomeno dell’abbandono dei rifiuti.
Numerose, le segnalazioni: sacchi della spazzatura pieni, bottiglie ammonticchiate, segno forse di bivacchi, cartoni di pizza, plastiche di vario genere e così via, in un elenco inutile da menzionare, fino a giungere al riemergere di vecchi depositi a causa delle piogge, forse sotterrati lì da anni. Ovviamente, nuovissima entrata, c’è anche la mascherina: abbandonata a terra e lasciata a marcire in mezzo ai campi, sui bordi delle strade, sui marciapiedi. Queste, per fare un esempio, impiegano fino a 400 anni per degradarsi. Sono già arrivate nei nostri prati, sulle nostre montagne, nei nostri mari e stanno, nemmeno troppo lentamente, distruggendo la biodiversità.
Le foto qui riportate fanno riferimento alla via Flaminia Antica, nella zona attorno a Tagina, ma le strade limitrofe non sono da meno. L’auspicio è sempre quello di una crescente sensibilizzazione riguardo all’ambiente, anche nel piccolo. È vero che probabilmente il singolo può far poco a livello globale, da solo, ma il mare è composto da tante gocce. Forse sarebbe allora il caso di iniziare a rispettare, prima di tutto, la nostra casa e la nostra città, evitando di accumulare rifiuti, talvolta anche pericolosi.
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