Sarà presentato venerdì 10 dicembre alle ore 21, presso la Mediateca del Museo dell’Emigrazione di Gualdo Tadino, in piazza Soprammuro, il libro di Matteo Bebi intitolato “La città dipinta – la storia di Bernardo di Girolamo di Matteo da Gualdo”, uscito per i tipi di Edizioni Era Nuova. L’autore ne parlerà con Stefano Galiotto, con letture a cura dell’associazione Note di Teatro.
Il nome già ne svela una parte importante: Bernardo di Girolamo è infatti il protagonista, ultimo rappresentante della generazione di notai-pittori che caratterizzò Gualdo Tadino sul finire del medioevo, tradizione, quella di unire il tecnicismo della scrittura all’arte, portata al massimo delle sue potenzialità dal nonno di Bernardo, Matteo da Gualdo.
Proprio su Matteo da Gualdo l’omonimo autore, anche lui gualdese, aveva già scritto, e il racconto si era impegnato e si impegna ancora per il restauro di una sua opera conservata presso il Museo Diocesano e Cripta di San Rufino di Assisi, la “Madonna col Bambino in trono tra San Francesco e San Sebastiano”, in fase di recupero.
Perché Bernardo, il nipote del famoso pittore del Rinascimento Eccentrico?
“Ho scritto su Bernardo perché è l’ultimo, l’ultimo di qualcosa di importante per la nostra città. Essere ultimi è difficile, suggestivo col senno di poi, ma tremendamente difficile, se ci si trova a viverlo sulla nostra pelle almeno. Ho scelto Bernardo per raccontare un poco anche suo nonno e suo padre Girolamo, nonché le dinamiche sociali della Gualdo a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento, ma soprattutto per toglierlo dall’oblio cui la Storia pare averlo gettato e riappropriarci un po’ delle nostre radici. Un oblio, quello del giovane pittore, che egli vive già sulla sua pelle: la narrazione avviene da una cella della Rocca Flea, dove fu realmente rinchiuso, secondo i documenti archivistici, non sappiamo bene perché, e in parallelo un volo sul nostro borgo in un momento difficilissimo, in un’Italia massacrata da guerre, pestilenze e fame. Per ricordare un episodio, il sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi avviene in questi anni.”
“Ho accennato alla pestilenza: ne parlo ampiamente nella mia ormai consueta postfazione saggistica, strumento che credo valido, attraverso il quale esporre le mie ricerche e le fonti del libro. Nel testo è presente anche un documento gualdese sulla peste, di un poco successivo, e, parlando di documenti, anche un inedito da me scovato presso la biblioteca capitolare di San Benedetto che mi ha permesso di rintracciare un nobiluomo marchigiano al seguito di Lucrezia Borgia e Sigismondo d’Este, a Gualdo in sosta durante il viaggio per Ferrara.”
La città dipinta svela le afflizioni di un nostro illustre cittadino del passato angustiato dalla Sorte, e forse dalla sua eredità, ma vuole anche essere una ricerca storica sul territorio.
“Un momento storico difficile diceva, divisivo, mai inclusivo, molto più duro dei secoli precedenti (ho sempre combattuto l’uso improprio del termine medioevo che pure è difficile da sradicare e infatti, qui, siamo in piena Età Moderna); gli anni de La città dipinta sono così uno spaccato sociale che non fatichiamo ad associare al nostro attuale, ma non dobbiamo mai cadere nell’errore di fare un confronto storico, questo è impossibile per definizione, eppure da quei giorni, da quei vissuti, dalle meravigliose opere che quegli uomini ci hanno lasciato, possiamo imparare molto, e valorizzare il territorio insieme, mio principale obiettivo oltre alla ricerca storica.”