L’annunciato arrivo della pioggia salva le semine degli agricoltori e le tavole degli italiani all’inizio di una primavera con 1/3 in meno di pioggia nelle regioni del centro e nord Italia dove si registra una gravissima siccità con le precipitazioni che sono addirittura praticamente dimezzate.
Non piove da oltre tre mesi, in Umbria come nel resto d’Italia. Una situazione che mette a serio rischio tutte le colture, dalla primavera al prossimo autunno. C’è necessità di acqua per le coltivazioni, ora orzo e frumento che sono nella fase di accrescimento e nei prossimi giorni partono le lavorazioni per la semina del mais e del girasole, e con i terreni aridi e quindi duri aumentano le problematiche.
“Una situazione drammatica – commenta Albano Agabiti, presidente di Coldiretti Umbria – che mette in ginocchio l’agricoltura, non solo dal punto di vista agricolo ed economico ma anche per la tenuta dell’intero ecosistema. Stiamo parlando di fenomeno che si protrae da quasi un anno, con un inverno che ha lasciato l’Italia con 1/3 in meno di pioggia. Tutto questo va ad aggiungersi al problema del caro energia che ha investito in questo periodo le aziende e all’impennata dei costi di produzione”.
“I cambiamenti climatici – ha proseguito Agabiti – producono ricadute dirette sulle nostre imprese e sull’intero settore. Se pensiamo che il deficit idrico sta minacciando almeno il 30% della produzione agricola della nostra regione è preventivabile il grosso contraccolpo che subiranno le aziende sulla capacità di produzione reddituale considerando che tra l’altro questo è il periodo di semina di ortaggi, girasoli e mais ma anche di pascolo. Non possiamo continuamente affrontare questa problematica nell’ottica di emergenza. Serve programmazione e prevenzione. Abbiamo la necessità di tutelare l’acqua come bene fondamentale potenziando la rete di invasi sui territori e investendo anche su manutenzione, risparmio e recupero delle acque. La nostra idea condivisa più volte su più tavoli di lavoro – specifica Agabiti – è quella di agire in modo preventivo attraverso invasi diffusi, che trattengano l’acqua, per conservarla e distribuirla in modo razionale ai cittadini, all’industria e all’agricoltura. Parliamo opere a basso impatto ambientale, costruite senza l’uso di cemento, laghetti in equilibrio col territorio, privilegiando ovviamente il completamento e il recupero delle strutture già presenti”.
LA COMUNANZA: STOP AGLI EMUNGIMENTI – Sulla grave situazione interviene anche la Comunanza Agraria Appennino Gualdese che chiede lo stop agli emungimenti delle aziende di acque minerali. “Da mesi la Comunanza Agraria Appennino Gualdese denuncia uno stress eccessivo delle acque del territorio, soprattutto di quelle emunte dal sottosuolo a profondità da non crederci – scrive in una nota il Cda dell’ente montano. La Comunanza cita anche un intervento di Sandro Rossignoli, dirigente dell’Auri (Autorità umbra per Rifiuti e Idrico) in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua che ‘ritiene fondamentale prendere coscienza dell’aggravarsi del cambiamento climatico. Quindi diventa sempre più strategico l’utilizzo delle risorse idriche’.
“Allo stato attuale (marzo) le sorgenti della fascia Appenninica sono deficitarie, rispetto allo scorso anno, di oltre il 50 per cento e si prevede, per i mesi estivi, una forte razionalizzazione della stessa acqua, addirittura per turnazione tra i vari Comuni – scrive il consiglio di amministrazione – Però, quando lo diceva la Comunanza Agraria Appennino Gualdese si veniva, per usare un eufemismo, sbeffeggiati. Ricordate il “mare di acqua sotto i nostri monti?” E c’è ancora chi si ostina a schierarsi solo ed unicamente verso il privato. Stop agli emungimenti? È ora!“, conclude la Comunanza.