Una recente sentenza del Commissariato per la liquidazione degli usi civici ha dichiarato, anche grazie all’acquisizione della consulenza tecnica del geometra Angelo Ludovisi, che i terreni in zona Pian di Quaglie costituiscono proprietà collettiva della Comunanza Agraria Appennino Gualdese sin dal 1893.
Vista la natura privatistica dell’ente montano, scrive il giudice, si “esclude qualsiasi potere del Comune o della Regione Umbria sugli stessi”. E ne spiega le ragioni anche riferendosi alla cosiddetta legge Galasso del 1985 che ha sottoposto a vincolo paesaggistico le aree assegnate alle Università agrarie e le zone gravate da usi civici. La tutela di tale vincolo è di competenza statale, dunque, il mutamento di destinazione d’uso, incidendo sul vincolo stesso, sostiene il Commissario nella sentenza, “non può più essere effettuato autonomamente dalla Regione”.
Ne discende che il Commissario, ha dichiarato non applicabili gli atti regionali, emanati su istanza del Comune di Gualdo Tadino, con i quali è stata cambiata la destinazione d’uso di 3mila ettari di terreno per il reinserimento ambientale delle ex cave Edelweiss, Vagli, Bombetta e per il recupero ambientale dell’ex cava Umbria Carbonati, così come è considerata illegittima l’affrancazione dei terreni Vagli e Bombetta per una superficie di 57mila mq stabilendo il compenso per la liquidazione del diritto di uso civico nella misura di 140mila euro.
Pertanto, il commissario Antonio Perinelli ha ordinato la reintegrazione di questi terreni in favore della Comunanza a cura della Regione Umbria, ha dichiarato inammissibili le domande di risarcimento danni e di rimessione in pristino avanzate dalla ricorrente Comunanza e ha condannato i resistenti Regione e Comune di Gualdo Tadino a rifondere alla Appennino Gualdese circa 15mila euro.
“Così si perpetua un inutile sperpero di denaro pubblico – hanno commentato dalla Comunanza – Il provvedimento del giudice ha impedito al sindaco Massimiliano Presciutti e all’assessore regionale Roberto Morroni di sottrarre la destinazione ad uso civico del terreno al fine di venderlo. Ogni volta cadono nel vuoto i vari tentativi da noi messi in campo per instaurare un dialogo con i vari amministratori, sordi alle nostre sollecitazioni e nonostante i ricorsi vinti“.
Oltre a questo, la Comunanza sostiene che sono stati fatti decadere 500mila euro per il recupero dell’ex ristorante San Guido. “Risorse – dicono- che all’epoca pretendevano la partecipazione del Comune e la conseguente gestione dell’edificio per almeno sette anni da parte dell’ente pubblico. Tutto fatto cadere nel vuoto per la pervicacia non collaborazione del Comune stesso. Errare è umano, perseverare è diabolico”.