Addio a Domenico Giulietti, il saluto di Mario Donnini

  • di Mario Donnini

Ciao, Domenico, centunenne che se ne va.
Non sei uno famoso ma lo sei per chi ti ha conosciuto e apprezzato e tanto basta.
Te ne sei andato ieri e ti saluto, sì, ti diciamo ciao pure oggi e, per quanto mi riguarda, vorrei farlo a spicchi, a schegge balenanti della tua vita e, soprattutto, della tua umanità, della tua empatia e dello stile tutto tuo di vivere sorridendo e facendo felici gli altri.

E già che ci sono vorrei dirti grazie, perché a nove anni d’età mi hai regalato uno dei giorni più belli della mia vita, quando mi hai portato a bordo del tuo mostro verde.

Ero bambino e avevo la passione per i camion, perché mio padre era stato camionista.
Li conoscevo tutti, li avevo anche catalogati in una specie di libro baby scritto a mano e il più mostruoso e potente al tempo era la motrice Fiat 690 quattro assi, di cui tu possedevi un esemplare, per il tuo molino del biancosanto.

Ricordo come se fosse ora quel magico pomeriggio d’estate fuori dal bar Agip dei fratelli Gubbiotti, quando tu sorridendo mi dicesti: «Via, vieni con me che te fo prova’ il Novanta».

Era immenso, era alto, il Novanta, la ruota il doppio di me. Salii col cuore in gola e trovai un’astronave.
Tu guidasti che sembravi un dio, io ero felice come mai.
Una vita dopo sono salito su delle Formula Uno biposto e triposto anche a 330 all’ora, mai mai sono stato bene come in quegli attimi epici.

Epico, sì. Nei racconti sapevi essere leggendario e amicale, omerico e caldo, affascinando l’uditorio, me per primo.

Il tuo incontro in guerra con Erwin Rommel, la Volpe del deserto, ancora mi dà i brividi.
Tu e i tuoi commilitoni vi state facendo pimpanti una specie di bagno in una specie di pozza in quell’immensa distesa di sabbia quando arriva la colonna di Rommel, il quale dà subito l’ordine di passarvi in rivista.
Tutti sull’attenti e la Volpe del deserto vi guarda negli occhi, a uno a uno. Siete pochi, ma non importa.
Da serio Rommel passa a sorridere e vi dice: «siete in guerra e sapete essere felici. Nessuno è come voi, ragazzi. Io contro voi italiani ho combattuto nella Grande Guerra e vi conosco bene. Se i miei avessero un decimo del vostro spirito, la vinceremmo subito questa guerra».
Il resto lo lascio a te, per come me lo dicesti: «Rommel ci strinse la mano e a ciascuno di noi regalò un pacchetto di sigarette dal filtro d’argento». Fantastico.

Tanti hanno raccontato El Alamein, tu, forse, sei l’ultimo a poter dire d’averla vissuta e d’esserne sopravvissuto.
La tua sintesi resta mirabile, meglio d’un libro d’Arrigo Petacco: «Sono dentro il carrarmato con due commilitoni e a un certo punto nel deserto, da lontano, lontanissimo, vedo un’immensa, infinita pineta. Come è possibile che ci sia una pineta così, proprio qui??? Uno con la vista migliore della mia mi risponde: “Non è una pineta, quella: sono i carrarmati degli inglesi. Oggi ci ammazzano tutti, questi”».

Tutti no, ma tanti sì. E i due compagni di Domenico tra i primi.
Lui esce non si sa come dal carro armato in fiamme e si salva.
Per anni prigioniero in Africa.
Poi vestito da tedesco torna in Italia.
E da lì a poco si sposa, con tanto di fuga d’amore.
«Rischiai la pelle in un carro armato e trovai la vita mettendo la donna amata in una carriola, per scappare via con lei».
Favoloso.
Avevi il senso della frase e della battuta.

Nella Roma degli Anni ’50 eri stato amico di Aroldo Tieri e di palcoscenico qualcosa sapevi, eccome.
Poi il buen ritiro a Gualdo Tadino, la tua ampia famiglia, tanti figli e una sola donna amata, Zaira, quindi tutto il resto.
Con stile, amando la musica, le orchestre, il prosecco, le serate danzanti, l’amicizia, il quieto vivere, i bei momenti.
Il rapporto forte con Castellina Pasi e l’immensa passione per i balli in allegria.

Ti saluto così, senza tristezza, pensando solo alla fortuna d’averti conosciuto, perché anche il tuo finale sa essere ricco di garbo, di calore, colore e tanto, tanto stile.

Ciao, Amico mio amato da tutti.
Ciao, Domenico, vai col liscio, ultracentenario più giovane del mondo.

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Redazione Gualdo News
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