Sono trascorsi 35 anni da quel 1 novembre del 1987 quando un gualdese (per la precisione: un sanpellegrinese) compì un’autentica impresa sportiva.
No, non vinse titoli olimpici né stabilì record mondiali. Semplicemente percorse i 42 km. e 195 metri della Maratona con la M maiuscola, quella di New York. La più conosciuta, la più celebrata, la più prestigiosa.
La disputò però come primo trapiantato di cuore a poco più di un anno da quell’intervento che nel gennaio del 1986, quando gli venne praticato, era uno dei primi in Italia.
Saverio Pallucca quando venne sottoposto al trapianto aveva 43 anni, aveva avuto tre infarti e gli erano stati impiantati quattro bypass. In quelle condizioni il suo cuore non avrebbe retto a lungo. Da lì la decisione di sottoporsi a un’operazione che in Italia era assolutamente all’avanguardia. La prima di questo tipo nel nostro Paese era stata effettuata un paio di mesi prima, tanto che Saverio fu il primo paziente umbro a ricevere un cuore nuovo.
L’intervento venne effettuato a Bergamo dall’equipe guidata dal professor Parenzan.
Il cuore che gli permise di vivere per altri 14 anni (Saverio morì nei primi mesi del 2000) era di un ragazzo quindicenne, deceduto in seguito a un incidente con il proprio motorino. Si chiamava Luca Toffoletto e gli abitanti di San Pellegrino gli intitolarono la piazza principale del paese.
Dopo il delicato intervento chirurgico Saverio venne seguito dal Centro Riabilitazione Cardiopatici che aveva sede proprio a Gualdo Tadino presso l’allora Ospedale Calai ed era una delle realtà riabilitative più importanti e grandi del centro-sud Italia.
L’equipe medica che lo seguì nell’avventura nella Grande Mela era guidata dal dottor Marcello Pagliacci e composta dai dottori Arnaldo Coletti, Michele Provvidenza, George Alexander Wee e dall’infermiera Patrizia Venarucci.
Ma come venne l’idea, che sembrava folle, di partecipare alla Maratona di New York con un cuore nuovo? Lo stesso Saverio Pallucca lo raccontò a Remo Musumeci sulle pagine de “L’Unità”: “La molla è scattata in me grazie al dottor Pagliacci, più che convinto del bene che la corsa sia in grado di fare per l’immensa legione di cardiopatici irrigiditi dalla paura che il moto faccia male. Io voglio diffondere un messaggio, voglio convincere questa tremante legione che si può fare tutto o quasi tutto. Voglio convincere i cardiopatici a fare quel che si sentono di fare.”
Un messaggio che, a leggerlo con gli occhi di oggi, suona molto strano, visto che uno dei “must” sia per prevenire che per riprendersi da malattie cardiovascolari è proprio fare movimento. Ma 36 anni fa rappresentava una vera e propria innovazione.
La scelta coraggiosa di Saverio e del Centro Riabilitazione Cardiopatici di Gualdo Tadino ebbe una risonanza mondiale: tantissime le tv e i giornali, italiani e del resto del globo, che ne parlarono prima, durante e dopo.
Scriveva Repubblica l’8 ottobre 1987: “Fred Lebow, l’organizzatore, un uomo che non sorriderebbe gratis nemmeno a sua madre, gli metterà a disposizione un’unità coronarica che lo seguirà per tutto il percorso. Ha anche convocato per il 27 ottobre una conferenza stampa tutta per lui. C’ è da giurarlo, la storia del ferroviere di Gualdo Tadino, provincia di Perugia, che passa dalla rianimazione alla maratona, farà impazzire gli americani.
“Sono stati molto pignoli: hanno voluto certificati e risultati degli esami medici. Poi però si sono convinti. Io ci vado perché è la maratona più famosa del mondo, perché da lì il mio caso potrà essere conosciuto da tutti. Finalmente dimostrerò che essere dei trapiantati, degli infartuati e sentirsi invalidi è una sciocchezza. Questa è l’unica pubblicità che voglio fare”, diceva Saverio.
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Saverio Pallucca, che si era allenato costantemente per due ore al giorno, durante la maratona venne accompagnato durante i 42 km. dal dottor Arnaldo Coletti, praticante di sport e triatleta, e seguito da un’ambulanza.
Tagliò il traguardo dopo 5 ore e 34 minuti corsi partendo dal ponte di Verrazzano, passando tra i grattacieli di Manhattan e lungo i cinque quartieri principali della Grande Mela fino all’arrivo in Central Park. Indubbiamente fu lui a vincere moralmente e non solo quella gara, che dedicò a Luca Toffoletto.
Questo risultato, la volontà ferrea di Saverio, il grande spessore professionale del Centro Riabilitazione Cardiopatici di Gualdo Tadino furono fonte di ispirazione per un film prodotto da Reteitalia e trasmesso da Canale 5 nel 1990 dal titolo “Oggi ho vinto anch’io”, con protagonisti due grandi attori quali Franco Nero e Barbara De Rossi.
La pellicola raccontava abbastanza fedelmente la storia di Saverio e la sua impresa a New York, che poi venne ripetuta nel 1997 per celebrare il decennale della sua prima partecipazione.
“I miei familiari avevano un po’ paura nei primi tempi dell’allenamento, quando questa storia è cominciata. Ma bisogna lottare contro questa paura degli altri, affermare la normalità della propria condizione”, diceva ancora.
Questo è l’insegnamento più importante che oggi, a distanza di 35 anni, ci ha lasciato Saverio Pallucca. Un uomo semplice ma grande allo stesso tempo, guidato da una volontà ferrea che con il proprio coraggio ha lasciato un segno.
“Dopo l’operazione mi sono allenato più di un anno per partecipare alla maratona di New York. La gente mi credeva pazzo, mia moglie si era opposta. Invece io avevo voglia di dimostrare a chi soffre che si può tornare a vivere e che non bisogna arrendersi mai alla malattia”
Oggi possiamo dire davvero che ha vinto lui.