Anoressia, dolore e speranza, il racconto di una madre nel libro di Arianna Gnutti

  • La dottoressa Beatrice Anderlini, Counselor Filosofico, propone una riflessione su “Se bastasse l’amore“, il libro di Arianna Gnutti che racconta con intensità il dramma dell’anoressia e il cammino verso la speranza

Un racconto intimo, di emozioni contrastanti, opposte, che sembrano non poter coesistere, ma che hanno fatto sì di vivere l’esserci, l’esserci per l’altro, l’esserci nella sofferenza e nel dolore della propria figlia.

È così che Arianna Gnutti dona ai lettori 315 pagine di vita dal titolo “Se bastasse l’amore – Una storia vera di anoressia e speranza”, che verrà presentato sabato 1 febbraio a Gualdo Tadino, in due momenti. Alle ore 11 si avrà la possibilità di dialogare con l’autrice presso la Sala Conferenze P-TREE, con relatrici Rita Pecci e Lara Lacchi, parlandone insieme a Serena Commodi, nutrizionista esperta in DCA.

Nel pomeriggio, alle ore 17, le stesse, con la presenza di Mirna Moroni, psicologia e psicoterapeuta, saranno ospitate dal locale El Grottino, in via Ruggero Guerrieri, per ascoltare e confrontarsi con Arianna Gnutti e quanti saranno presenti.

L’esperienza di malattia di Maria Beatrice, fissata dalla scrittrice nero su bianco, che si ammala di anoressia nervosa all’alba dell’adolescenza, non fa distogliere lo sguardo e il sentire del lettore verso ogni sfumatura dei DCA, che portano la persona a non essere più riconosciuta:

<< Ora voi avete davanti una persona che non vi sembra più vostra figlia…È così: Maria Beatrice non è vostra figlia >> ci aveva detto il dottor Corradi. Subito dopo aveva aggiunto <<Tornerà in sé, con una consapevolezza diversa, ma tornerà lei stessa>>. Fin da quel primo incontro mi ero aggrappata a quelle parole.

Parole che Arianna non dimentica nella spirale verso l’abisso, un abisso fatto di incomprensioni, di “sapevo che l’amore non sarebbe bastato per curarla e non sarebbe bastato”, di sguardi increduli, di vuoti, di tempo sospeso, di paura, di “Ma tu mamma capisci che se io non sarò più anoressica non sarò più speciale?”, di attese infinite per un posto letto, di “ci considerano tutti uguali, senza pensare che ognuno ha la propria storia”, di presenza-assenza, di piccoli passi da notare per sopravvivere.

Da questo abisso emerge quel biglietto di ritorno alla vita, “per raggiungere un giorno lontano, forse, la guarigione”, accompagnata non più da sguardi giudicanti, ma da sguardi del “Mi stai a cuore”.

È questo il messaggio autentico del viaggio ripercorso da Arianna: l’angoscia del soffrire dove l’anima è strettamente legata al corpo non è un tabù o un qualcosa di cui vergognarsi, ma un qualcosa a cui è necessario dar voce, con qualsiasi strumento a nostra disposizione.

Oggi, come scrive l’autrice, “mancano le strutture, manca il personale formato, manca il supporto, ma prima ancora mancano l’informazione e la prevenzione sui DAN e la malattia mentale in generale”.

“L’anoressia è la prima causa di morte tra i giovani, dopo gli incidenti stradali…” ed era proprio silenziosa la voce di Maria Beatrice, ma ad un certo punto il suo è diventato un “grido silenzioso di aiuto nella speranza” che, come ricorda Eugenio Borgna, è “speranza creatrice, allora, che cresce, o almeno può crescere, anche nel deserto dell’angoscia e della disperazione, del male di vivere e della fatica di vivere; e la speranza creatrice che in chi cura e in chi è curato si costituisca in una sua reciproca circolarità salvifica”.

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Redazione Gualdo News
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