In bici fino al campo base dell’Everest, Mario Pasquarelli porta Gualdo Tadino sul tetto del mondo

In bici fino al campo base dell’Everest. Un’impresa che ha portato un pezzo di Gualdo Tadino “sul tetto del mondo”, a quota 5.300 metri.

È quella compiuta da Mario Pasquarelli, del Gruppo Sportivo Avis, che a settembre ha preso parte a una spedizione di 18 ciclisti italiani lungo le strade millenarie del Tibet.

Un viaggio che supera i confini del turismo sportivo e si trasforma in esperienza fisica, culturale e umana, in uno degli scenari più affascinanti e remoti del pianeta.

Meta della spedizione la città di Lhasa, capitale della regione autonoma tibetana: oltre un milione di abitanti e 3.650 metri di altitudine. È da qui che il gruppo, accompagnato da quattro membri dello staff, ha iniziato un percorso di circa mille chilometri in sella, con ulteriori tratti coperti a bordo del mezzo di supporto.

A guidare la spedizione c’era Antonio Scarpitti, figura di riferimento del cicloturismo italiano. Un percorso estremo, dove il confronto con le altitudini europee diventa quasi imparagonabile.

“Strade quasi deserte, asfalto imperfetto, il vento come unico compagno di viaggio: nelle immagini registrate durante l’impresa si percepisce la dimensione sospesa di questi luoghi, dove la fatica della pedalata sembra svanire davanti allo spettacolo delle vette himalayane“, racconta Mario Pasquarelli al rientro dall’esperienza tibetana.

Dopo la partenza da Lhasa, la carovana ha pedalato verso Tashizong, lungo una delle strade più impegnative dell’intero continente asiatico, per poi affrontare l’ultimo tratto in salita verso la destinazione più simbolica: il campo base dell’Everest, a 5.300 metri di quota. Un numero che impressiona: il doppio dell’altitudine del Passo dello Stelvio, la Cima Coppi per antonomasia del ciclismo italiano.

Ad accompagnare gli atleti non solo la fatica, ma anche la straordinaria accoglienza della popolazione locale, che non ha mancato di salutare con cordialità il passaggio dei ciclisti tra cui anche quattro donne.

Lungo il percorso abbiamo avuto modo di incrociare monaci e abitanti dei villaggi, che ci hanno salutati esprimendo tanta curiosità e con un sorriso, spesso accompagnato da un ‘ciao, la parola italiana più conosciuta in Oriente fin dai tempi di Marco Polo“, sottolinea il cicloamatore gualdese.

La guida tibetana, rimasta affascinata dalle biciclette e dall’entusiasmo degli italiani, ha ricevuto in regalo la bike di Mario Pasquarelli, promettendo di unirsi al gruppo il prossimo anno.

Il successo di questa iniziativa potrebbe aprire la strada a nuovi viaggi italiani “sul tetto del mondo”: un cicloturismo che non punta all’agonismo, ma che unisce paesaggi, culture e sport. Un modo diverso di vivere le due ruote grasse, lontano dai grandi eventi e dalle competizioni, ma allo stesso tempo pieno di grandissima passione e preparazione.

“In Tibet abbiamo trovato non solo panorami straordinari, ma un silenzio che parla, una spiritualità che accompagna, una musica che rimane nel cuore, quella dei monaci, permettendoci di vivere un’esperienza che è molto più di un viaggio”, conclude Mario Pasquarelli.

Un’avventura indimenticabile per Mario, che rappresenta un tassello unico nel suo percorso sportivo e personale e che consegna a Gualdo Tadino un piccolo primato: aver portato i colori della città fin sulla montagna più alta della Terra.

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Redazione Gualdo News
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